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La Rinascita - Carnevale Romano
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La Rinascita

Roma, il cavallo e il Carnevale

I grandi eventi possono nascere un po’ per caso, ma sempre per grande, incosciente passione… e un pizzico di follia.

Cosi’, quello che fu un incontro casuale verso la fine del 2008 tra il sottoscritto e il neo-eletto Presidente della Commissione Cultura di Roma Capitale, Federico Mollicone, si è trasformato negli anni un’operazione di riscoperta culturale di grande penetrazione che ha riportato in auge tradizioni e storie che erano pressoché scomparse dalla memoria collettiva.

Il Carnevale Romano rappresentava l’evento che più di ogni altro avesse incarnato la passione, la spettacolarità e la sofferenza insita nel rapporto uomo-cavallo nella città di Roma; città a sua volta simbolo delle mille sfaccettature del rapporto uomo-cavallo, dai ludi circenses fino alla statua-emblema del Marco Aurelio, alle molteplici rappresentazioni artistiche dell’elegante quadrupede in statue, dipinti, Chiese  e musei e ai tanti luoghi reali e cinematografici che hanno avuto per protagonisti i cavalli.

Il più importante evento equestre d’Europa per numero di spettatori”, a detta del maggior mensile di settore italiano, nasce condividendo la ferma intenzione dell’Amministrazione di rievocare il Carnevale Romano che era stato un avvenimento di fasto supremo nella storia d’Europa. L’evento appariva allora ai più, visionario e di grande rischio: riportare i cavalli nel pieno centro della città contornati da centinaia di migliaia di persone, dopo un bando di quasi 140 anni, era faccenda che poteva apparire impossibile. Reinterpretare il rapporto del cavallo con la città che più ha reso omaggio all’animale maggiormente radicato nell’immaginario di ogni popolo, per di più con la memoria della violenza, oltre che del fasto, che scaturiva dalle corse carnevalesche, era sfida di grande responsabilità. Politiche culturali strumentali – da una parte o dall’altra – verso l’utilizzo degli animali, luoghi sacri della storia di Roma e del patrimonio dell’Unesco, difficoltà strutturali relative alle necessità organizzative facevano apparire l’impresa ben più che ardua. Per di più l’aspetto rinascimentale necessitava il ricorso a un cavallo barocco, totalmente diverso dalla massa di equini che oggi giorno gremiscono i maneggi o le competizioni sportive. Dall’altro lato il solo immaginare questi cavalli dalle armoniche rotondità “piaffare” su Piazza del Popolo era un’occasione troppo ghiotta, troppo importante storicamente per non spenderci tutto l’impegno possibile, sognandone la realizzazione.

Per parte mia e degli amici dell’Accademia del Teatro Equestre, che si occuparono della realizzazione degli eventi equestri, il rilancio in Italia delle grandi tradizioni nazionali rappresentava quasi una missione. Da qui, nella realizzazione degli eventi, si è sviluppata una strategia culturale basata su un duplice binario parallelo quanto affine: da un lato un continuo rinvio al cavallo come protagonista indiscusso dei fatti carnascialeschi lungo i secoli, attraverso eventi e manifestazioni filologiche, quasi cerimonie tradizionali di rivisitazione dei fasti papali che furono in quei medesimi luoghi nel Carnevale Romano; dall’altra il recupero o il rilancio delle tre grandi tradizioni equestri nazionali, spesso costrette a vivere ai margini delle lustrinate manifestazioni sportive legate al cavallo, ma per noi più dense di significato di queste: la cultura del cavallo come compagno di vita e di lavoro, rappresentata nella nostra regione dai butteri; gli immensi contributi della tradizione militare italiana al patrimonio equestre internazionale; le origini italiane dell’arte equestre.

 

Una tradizione integra, ma aggiornata ai tempi moderni

Particolarmente emozionante si presentava per l’organizzazione il tentativo di creare nuovamente la suggestione del grande rapporto tra il cavallo e i luoghi che per lo stesso furono costruiti attraverso una rivisitazione filologica che tenesse però presenti i mutati codici etici, le nuove possibilità connesse alla tecnologia e le limitazioni insite nell’attuale condizione urbanistica, derivata sì dai fatti carnevaleschi rinascimentali, ma mutata riguardo a spazi ed utilizzo commerciale. Di qui la sfilata inaugurale si presentò ricalcando fedelmente l’ordine proposto dalle cronache dei tempi andati, con in testa abili cavalieri in costume a rappresentare i Cardinali del tempo, esponendo il prezioso palio che sarebbe andato in premio al vincitore della corsa dei barberi; seguiti dai nobili, le rappresentanze militari e quindi gli artisti e il popolo. Pur nella mancanza dei carri dei trionfi tipici del tempo, non più presentabili negli attuali spazi di Via del Corso, l’utilizzo di cavalli barocchi, i costumi del teatro dell’Opera, le carrozze, i tanti rievocatori storici, artisti di strada e saltimbanchi hanno contribuito a una magia senza tempo; la partecipazione – dapprima sospettosa e quindi entusiastica – delle rappresentanze militari e dei corpi di polizia a cavallo ha contribuito alla veridicità quasi “carnale” della manifestazione per via dell’immenso patrimonio storico e di sacrificio che questi uomini rappresentano. Da un lato interpreti di uno sfarzo militare che fu, dall’altro attuali testimoni e promotori delle grandi tradizioni equestri militari nazionali, i Corazzieri a cavallo, l’VIII Reggimento Lancieri di Montebello, il IV Reggimento Carabinieri a cavallo, il Corpo della Polizia di Stato a cavallo e il Corpo Forestale dello Stato hanno trovato nel Carnevale Romano una sede e dei luoghi alti per raccontare dalla sella le grandi storie del nostro paese, nella totale collaborazione dell’organizzazione. Fondamentale per lo svolgersi in sicurezza di un simile evento la grande professionalità dei selezionatissimi cavalieri: artisti e butteri hanno condiviso con solenne rispetto i luoghi e la storica possibilità di riportare in primo piano l’amico cui hanno dedicato la propria esistenza.

 

La “rivincita” dei cavalli

Più complessa era la riproposizione dello storico rapporto tra il cavallo e Piazza del Popolo nella Corsa dei cavalli barberi.  Se la corsa è l’evento maggiormente narrato dalle cronache dei grandi letterati e dipinto dai maggiori artisti del tempo, questo era, altresì, un evento particolarmente violento e non riproponibile: dietro l’immagine dei cavalli frementi si nascondeva un predato in fuga, aizzato dai barbareschi e spesso terrorizzato da palle chiodate attaccate alla groppa, che correva tra ali di folla urlante seguendo il proprio istinto di sopravvivenza e causando involontariamente incidenti spesso mortali. L’attuale Carnevale doveva essere sì la riproposizione dell’antico rapporto, ma anche una rivincita delle capacità armoniche del cavallo e del compiuto progresso dell’uomo nel rapporto con lo stesso.   E’ bastato far sì che organizzassimo la manifestazione in modo tale da mantenere inalterato il rapporto del Carnevale con i luoghi storici nella città, e soprattutto col cavallo, ma nella sua forma più alta: l’arte equestre, appunto, rivista e spettacolarizzata nelle forme del XXI secolo.  Non più cavalli atterriti, ma cavalli-artisti, protagonisti di una conversazione rispettosa con i loro cavalieri. Consci e convinti che una tradizione, per sopravvivere, debba adattarsi ai codici etici e comunicativi dei tempi, l’arte equestre è diventata spettacolo evitando accuratamente che le luci e la musica o il ricorso alla danza eludessero la necessità di una tecnica equestre sopraffina, rispettosa del cavallo e dei tempi necessari all’addestramento. Il ricorso ai maggiori maestri europei dei numeri in “libertà” basata sulla “doma dolce” ha voluto significare la diffusione di un atteggiamento più attento all’adattamento delle capacità comunicative dell’uomo a quelle del cavallo nella convinzione che tale strada esalti le capacità collaborative di entrambi. Forse in nessun’altra attività come nell’arte equestre, l’umiltà e la capacità vanno  di pari passo, alle prese con un essere che sposta sempre più in alto l’asticella del limite di armonia e di unione possibile comprensibile al cavaliere – il centauro! – a poco a poco che si diviene migliori e più esperti; e tali sono stati i criteri nella selezione degli artisti per tutto il Carnevale. La capacità di saper piegare – fino a nascondere – eccelse capacità tecniche a necessità drammaturgiche è poi cosa che solo pochissimi artisti veri accettano e anelano fare.

 

Arti antiche e attuali

La riscoperta delle grandi tradizioni rinascimentali si è concretizzata attraverso altre forme espressive: il ritorno della Commedia dell’Arte a Piazza Navona,  nei medesimi luoghi e con le medesime modalità in cui regnava nel XV° e XVI° secolo, mentre Piazza di Spagna, Piazza del Popolo, Via del Corso tornavano a farsi colorare dai tanti artisti di strada, giocolieri, mangiafuoco, musici giullari, fantasisti, trampolieri.  La rievocazione storica trovava un suo luogo di rappresentazione stabile mentre si scopriva la rievocazione pirotecnica attraverso la produzione di grandiosi spettacoli di fuochi barocchi, scaturiti dallo studio di testi e stampi antiche. Contemporaneamente, le nuove forme di spettacolo venivano piegate e amalgamate al fine del racconto di una tradizione antica attraverso le proiezioni architetturali tridimensionali che ridisegnavano la Piazza e la porta del Popolo.

 

Strategia e unitarietà di intenti

La strategia comunicativa prevedeva di avvicinare il grande pubblico attraverso importanti eventi spettacolari di piazza, dando altresì ampio spazio a eventi culturali di approfondimento specifici, organizzando luoghi che raccontassero grandi tradizioni attraverso parole di esperti e protagonisti in convegni, conferenze e mostre archeologiche, pittoriche e fotografiche volte a raccontare il Carnevale dalle origini ai giorni nostri.

Il tutto è stato valorizzato tramite un approccio comprensivo di manifestazioni carnevalesche preesistenti, come il Gran Carnevale romano metropolitano o il Carnevale sud-americano e la collaborazione delle grandi realtà istituzionali della città: il Teatro dell’Opera è stato costante protagonista del Carnevale con l’apporto di competenze altissime in sede scenografica e di costumi; il Teatro di Roma ha realizzato la riproposizione dello storico palco rinascimentale di Piazza Navona, e la riproposizione di spettacoli di Commedia dell’arte; La Sapienza, Università di Roma ha collaborato all’organizzazione di un convegno che tornasse a raccontare la storia del Carnevale romano con importanti relatori di statura nazionale; l’ACEA ha riportato Roma all’interno del grandi  Festival delle luci europei attraverso le proiezioni architetturali di Piazza del Popolo; il coinvolgimento delle Scuole di Roma, della Provincia di Roma, dell’Istituzione Biblioteche, dell’Agis e dei teatri romani, di Federalberghi Roma, del Bioparco hanno reso l’evento un patrimonio dell’intera città. Contemporaneamente si raggiungevano accordi di collaborazione, scambio e partecipazione con i Carnevali italiani di tradizione – Venezia, Viareggio, Fano – oltre che con feste, fiere e città deputate alla tradizione equestre. L’internazionalizzazione veniva poi resa possibile grazie alla stipula di patti di amicizia e collaborazione artistica con città di grande tradizione come San Pietroburgo e Cordoba e alla partecipazione e la collaborazione con istituzioni e eventi di natura europea ed extra-europea: da Marseille-Provence 2013 Capitale europea della Cultura fino all’ideazione e realizzazione dello YORICK FESTIVAL, che ha ospitato nei Musei Civici spettacoli provenienti dai più prestigiosi festival teatrali d’Europa, gemellati con il carnevale romano – il Festival Avignone Off, il Fringe Festival di EdimburgoLe Mois Molière di Versailles oltre all’adesione del Festival COS di Reus, del Festival Internacional de Moviment i Teatre Gestual.

 

Numeri e emozioni

La manifestazione ha raggiunto nella sua ultima edizione finanziata dall’amministrazione del 2013 l’invidiabile primato di oltre un milione di contatti visivi tra romani e turisti; oltre 4.000.000 di persone hanno visualizzato il post relativo al promo di presentazione dell’evento su Facebook; gli hotel del centro storico hanno avuto un aumento di affluenza del 10% nel periodo tradizionalmente di bassa stagione: oltre 1000 cavalli  sono scesi e risaliti da Villa Borghese a Piazza del Popolo per raccontare con cavalieri, amazzoni, attori, artisti, danzatori, coreografi, fotografi, giornalisti, rievocatori, musicisti, artisti di strada, artificieri, figuranti, cattedratici, professori, bambini, animatori, militari, poliziotti, carabinieri,  studiosi, tecnici, scenografi, costumisti e tantissimo pubblico le nostre grandi tradizioni: cifre spaventose, ma che non rendono conto della qualità tecnica, spettacolare e soprattutto umana della manifestazione.

Culture diverse, lontane e distinte hanno saputo unirsi in un grande progetto comune e che sentono singolarmente proprio in uno slancio unitario e accomunante per un grande evento per la Capitale.

La Rinascita 2016
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